Esperienze di incontri psicosociali con bambini, ragazzi e la comunità educante 

Cisterna di Latina
 
Un momento teatrale con ragazzi di I media
 
Michele Aula

Intervento Cisterna di Latina
 
Il finale della storia di N. I elementare

Brindisi alunni 

di MICHELE GRANO e FRANCESCA BENNATI

  • "Con le storie e i procedimenti fantastici per produrle noi aiutiamo i bambini a entrare nella realtà dalla finestra, anziché dalla porta. È più divertente: dunque è più utile."Gianni Rodari

    La collaborazione tra noi Psicologi delle Emergenze del Centro Alfredo Rampi Onlus e Save the Children Italia, dal 2012 si realizza in situazioni di crisi, lutti traumatici ed emergenze, in particolare quando sono coinvolti bambini e ragazzi.

    Nella confusione e nell’agitazione che piccoli e grandi possono sperimentare a seguito di tali accadimenti, uno dei rischi maggiori è quello di sentirsi soli, smarriti e impotenti . Per questo motivo, gli interventi di sostegno psicosociale, realizzati con professionalità e partecipazione empatica, hanno l’importante funzione di accogliere le esigenze della comunità coinvolta e favorire il graduale recupero delle risorse interne e collettive per affrontare gli eventi destabilizzanti da cui è stata colpita. Come Psicologi delle Emergenze ci impegniamo a svolgere una funzione di tutela e assistenza profonda dei bambini, degli adolescenti e dei referenti della comunità educante di riferimento. La tempestività e la preparazione del supporto psicologico in contesti fortemente segnati dall’emergenza favoriscono l’espressione emotiva e cognitiva, riducono le tensioni psichiche, consentono di non chiudersi nell’isolamento, avviano un chiarimento di ciò che sconvolge interiormente, diminuendo così il rischio di conseguenze post-traumatiche più gravi.

    Come affermano Gist e Lubin (1989, p. 5) in un manuale storico della psicologia dell’emergenza -«un disastro è un evento a livello di comunità», ribadendo l’importanza di un orientamento centrato sulla collettività per la prevenzione dei fenomeni post-traumatici e il lavoro su di essi: sia che si tratti di maxi-eventi che di eventi numericamente più piccoli, che però nel cuore dei gruppi colpiti sono sempre e comunque di portata “maxi”. Per questa ragione, i nostri interventi, orientati al Modello Psicodinamico Multiplo per le Emergenze (Di Iorio, Biondo, 2009), sono sempre di natura psicosociale, cercando di raggiungere tutti i protagonisti dei sistemi coinvolti (sociali, familiari, scolastici, ecc.): tale approccio di comunità in emergenza è necessario per coinvolgere l’intero sistema, mettere in relazione i vissuti di tutti, pensare strade di elaborazione collettiva del trauma.

    L’ottica che ci guida è che le persone (e i territori) abbiano già tutte le risorse per riuscire ad affrontare gli eventi della vita, ma che spesso, a fronte di accadimenti minacciosi e angoscianti che travalicano le ordinarie capacità di fronteggiamento, tali risorse, strategie, opportunità siano difficili da vedere e utilizzare; in questo senso il nostro è un ruolo di “facilitatori” per aiutare momentaneamente una comunità che ha legittimamente bisogno di un “tempo umano” per fermarsi, interrogarsi, riadattarsi e ripartire. Cerchiamo di trasmettere questa consapevolezza, aiutando le persone a sentire che la loro sofferenza ha diritto di esistere e possono dunque permettersi di manifestarla, in presenza di esperti che riconoscono pienamente tale bisogno, fornendo valore, significato e contenimento ai loro stati interni, nonché connessione con i vissuti degli altri.

    Gli incontri promossi si sviluppano in un clima di libertà e fiducia, nel rispetto dei tempi e dei bisogni psicologici di ciascuna età e delle fasi oscillatorie di avvicinamento delle emozioni complesse e penose. Bambini, ragazzi e adulti che soffrono a causa di un evento che ha sconvolto le loro vite possono sentirsi compresi quando avvertono che c’è qualcuno in grado di reggere e sostenere i loro stati emotivi, dando loro valore e contenimento, necessari per la comprensione e l’elaborazione degli stessi.

    Poter dire la propria esperienza a se stessi e a un altro essere umano (con le parole, ma non solo: anche e soprattutto attraverso il corpo, il disegno, la simbolizzazione ed altre forme espressive/artistiche) è il primo segnale che una riconciliazione e una trasformazione possono avere inizio. La nostra posizione di “garanti” del funzionamento psichico (Kaes, 1998) delle persone e delle comunità incontrate facilita tale processo: condividere empaticamente con i gruppi di riferimento le emozioni legate alle esperienze di trauma, perdita, sofferenza rappresenta la possibilità di costruire delle “reti di sicurezza” che permettono di accorciare le distanze emotive e sentirsi compresi, legittimare e contestualizzare l’esperienza, creare connessioni semantiche, significare le avversità e ri-conquistare un senso di coerenza, tra pari e a livello intergenerazionale (Walsh, 2008).

    Gli incontri psicosociali valorizzano e mettono al centro il gruppo – quale risorsa preziosa e contenitore delle angosce, in grado di dare senso e forma a ciò che agita i partecipanti – ma abbiamo sempre riservato uno spazio individuale ai ragazzi (e anche agli adulti) al fine di assicurare un ascolto più mirato a domande o problemi specifici.

    Inoltre, grazie al lavoro di rete realizzato con i colleghi di Save the Children, abbiamo svolto spesso una funzione di “ponte” tra le esigenze particolari emerse duranti gli incontri e il territorio, avviando laddove necessari progetti individuali, familiari o gruppali con professionisti e associazioni locali.

    Possiamo testimoniare che a seguito del lavoro con ogni gruppo, abbiamo raccolto grande gratitudine dai partecipanti e dai “committenti”, constatando sempre un abbassamento delle ansie e delle tensioni, un miglioramento del clima affettivo, con la progressiva attivazione di risorse adattive la graduale ripresa delle attività.

    GLI INCONTRI CON GLI ADULTI DI RIFERIMENTO

    In situazioni d’emergenza occuparsi dei più piccoli significa occuparsi di tutti, sia concretamente (come supporto pratico agli adulti comprensibilmente sconvolti dal punto di vista emotivo e spesso presi da numerosi impegni organizzativi/burocratici ecc.), sia simbolicamente (lanciando il forte messaggio di cura della parte più fragile della comunità, che è presente in tutti, tenendo a mente che i vissuti degli adulti, in momenti di allarme ed emergenza estremi, sono spesso simili a quelli dei bambini).

    Non si può evitare a un bambino o un ragazzo che incontrano una crisi o un trauma, la difficoltà e la realtà di questa prova. Ciò che si può evitare è aggiungere, senza volerlo, ulteriori difficoltà (Marcoli, 2004). Ad esempio, adulti estremamente colpiti o traumatizzati possono non prestare sufficiente attenzione ai più piccoli, non attribuendo importanza ai loro bisogni e perdendo momentaneamente il loro ruolo protettivo. Oppure, quando si escludono i bambini dal capire cosa sta accadendo si può provocare in loro un’ulteriore ferita, oltre a quella primaria: sentire che non possono più fidarsi degli adulti che li circondano. In molte situazioni i bambini, in mancanza di adulti disponibili, non osano esprimere domande o disagi, rimanendo in balìa dei loro pensieri, delle loro ansie e paure.

    Per queste ragioni nei nostri interventi dedichiamo sempre un’attenzione prioritaria agli adulti – genitori, dirigenti scolastici, insegnanti e altre figure della comunità educante – con l’idea di ascoltarli e sostenerli per riattivare le loro risorse e le loro funzioni protettive ed educative. Cerchiamo così di costruire un filo conduttore fra le esigenze e le difficoltà dei ragazzi e quelle dei grandi: un filo che permetta di individuare percorsi creativi e liberatori sia per gli adulti che per i minori, basati sulla comunicazione affettiva, sull’accoglienza e il rispetto delle emozioni reciproche, sulla graduale promozione delle risorse.

    Gli incontri con insegnanti/referenti scolastici/educatori sono globalmente finalizzati a:

    • accogliere i loro vissuti come vittime primarie o secondarie degli eventi e offrire un contenimento emotivo;
    • fornire   strumenti psicoeducativi e individuare strategie per essere di supporto agli alunni, gestire le situazioni critiche e impreviste in classe, individuare e comprendere le conseguenze psicologiche dell’evento su se stessi, sui bambini e sui ragazzi e, più in generale, nel contesto scolastico;
    • intercettare  situazioni particolari di disagio e individuare classi o alunni maggiormente colpiti dall’evento;
    • promuovere  una coerenza educativa e di senso tra i nostri interventi e la gestione delle classi nel quotidiano.

    Gli incontri con i genitori sono generalmente orientati a:

    • accogliere i vissuti e le difficoltà di mamme, papà e tutori facilitandone l’espressione e la condivisione;fornire strumenti psicoeducativi per essere di supporto ai figli, gestire le situazioni emergenziali in famiglia;
    • comprendere le conseguenze psicologiche dell’evento sui minori;
    • connettere il mondo dei vissuti dei minori con quello degli adulti di riferimento;
    • intercettare situazioni di disagio (ed eventualmente facilitare l’invio ai servizi del territorio) e promuovere una coerenza educativa tra i nostri interventi e la gestione dei figli nel quotidiano.

    GLI INCONTRI/LABORATORI CON BAMBINI E RAGAZZI

    Per ciò che riguarda le strategie adottate con i ragazzi, da un punto di vista “macro”, ci siamo sempre mossi tenendo a mente le 3 fasi dell’intervento con i minori in situazioni di crisi – riadattati da Kapor-Stanulovic (2005):
    1. Protezione e sicurezza – negli incontri con bambini e ragazzi lavoriamo innanzitutto per creare un ambiente rassicurante (sia fisicamente che emotivamente), cercando di instaurare un clima di accoglienza e legami di fiducia.

    2. Verbalizzazione e legittimazione – per promuovere l’espressione dei vissuti, con delicatezza e attenzione, sempre come una possibilità e mai una forzatura, contribuendo a favorire la condivisione e la comprensione degli stessi (in base alle diverse età) e l’abbassamento dei livelli di tensione.

    3. Previsione e preparazione – ogni emergenza affrontata in questo modo può rappresentare una vera occasione di pedagogia della fragilità e della resilienza, fornendo spunti e strumenti per rinforzare le capacità di fronteggiamento e offrendo occasioni di imprinting positive per prepararsi a eventuali difficoltà future.

    Sappiamo che il linguaggio naturale dei bambini è principalmente affettivo, fatto di immagini e metafore, come quello delle fiabe e dei sogni. Come ci insegnano la letteratura scientifica e le nostre esperienze, riportate in diversi articoli (Di Iorio, Biondo, 2011; Grano, Galli, Di Iorio, 2013; Grano, Di Iorio, 2014; Grano, Bennati, 2014: 2017; Grano, Corno, 2018) può essere utile avvicinare le emozioni più difficili e indigeste proprio attraverso attività creative, ludiche, catartiche e stimolanti: esse non rappresentano solo uno “svago” per bambini e ragazzi (di per sé utile in certi momenti di tensione interna ed esterna), ma anche il miglior modo per accendere la fantasia e la creatività, risorse potenti per aiutarli a pensare-elaborare-classificare le esperienze difficili e spaventose (Di Iorio, Biondo, 2009), superando le difficoltà e i “blocchi” causati dall’esperienza critica ed emergenziale.

    Dal punto di vista “micro”, dunque, gli strumenti principali che abbiamo utilizzato con bambini e ragazzi, calandoli nei diversi contesti per incentivare l’espressione dei vissuti, i momenti di discussione, la riflessione e la condivisione di esperienze con la possibilità di confrontarsi e fare proposte per vivere al meglio il rientro a scuola sono stati:

    • il lavoro in gruppo, il circle-time, ai quali destinare spazi e tempi definiti e con modalità originali e interattive, con rituali di apertura e di chiusura che permettano di far sentire ai ragazzi che c’è uno spazio dedicato di possibile condivisione dei vissuti, definito, non dispersivo, contenuto (e “contenitivo”). Il gruppo aiuta a chiarire idee ed emozioni, rendendo meno pesanti l’ansia e la tensione accumulate.
    • le attività che stimolano la fantasia, l’ingegno e la resilienza (racconto e creazione di storie, disegni, giochi teatrali, attività manuali, ecc.): esperienze catartiche che permettono di incanalare l’emotività potenzialmente esplosiva in un contenitore, di scaricare le emozioni, trasformandole in dinamismo e divertimento, “profonda leggerezza” e risate, avvicinando i vissuti più difficili in maniera simbolica e mediata: i linguaggi espressivi, liberatori e immaginifici di tali attività parlano con empatia e precisione delle questioni emotive che i ragazzi vivono, offrono loro strumenti, soluzioni per il futuro, speranze e nuove possibilità, presentano nuovi modi di pensare alle emozioni più tormentate (Sunderland, 2013). 

    In generale, utilizziamo storie molto coinvolgenti, “calde”, piacevoli per favorire l’identificazione e l’ascolto in maniera mediata – inventate grazie agli stimoli emersi dagli incontri e alle suggestioni della particolare emergenza – con uno schema semplice che prevede un inizio, una “rottura” (“blocco”, una “ferita”, “capovolgimento”) dell’ordine iniziale e un finale che – senza negare l’impatto della ferita – rappresenti una soluzione per ricucire, trasformare, ripartire.

    La storia spesso è costruita con l’apporto dei ragazzi, in maniera interattiva, cogliendo i loro spunti per renderla sempre più viva e adeguata alle esigenze di volta in volta nuove. Altra forma espressiva da noi privilegiata è il disegno, che – inserito in un contesto di ascolto e fiducia – consente di contattare sentimenti profondi, di dar loro un ordine e un significato, di raccontarli in maniera adeguata e trovare indicazioni su come iniziare a elaborarli e risolverli.

    Ogni incontro inizia con la proposta di un patto, che prevede il rispetto dei sentimenti e delle idee di tutti, la riservatezza sui contenuti emersi e la responsabilità verso il gruppo. Chiedere ai ragazzi un patto verso il gruppo e nei nostri confronti, incontrati per la prima volta, rappresenta un primo passo concreto per la costruzione o ricostruzione del senso di fiducia.

    Tali attività ed accortezze con i bambini e i ragazzi – realizzate in un clima di fiducia e condivisione, il più possibile sereno, accudente e rassicurante – facilitano il raggiungimento di diversi obiettivi:

    • aiutarli a pensare alle loro emozioni attraverso canali comunicativi opportuni e delicati, per evitare che tali emozioni possano gonfiare dentro di loro fino a trasformarsi in complicate situazioni interiori;
    • favorire l’iniziale elaborazione dei vissuti connessi all’evento, per agevolare il contenimento e il graduale superamento delle difficoltà;
    • condividere vissuti ed esperienze (sempre con grande libertà e senza obblighi) con noi esperti e con i pari, nell’ottica di comprendere e legittimare le reazioni e i comportamenti, rendendoli meno spaventosi e incomprensibili e dunque più avvicinabili e “digeribili”;
    • promuovere le risorse personali e gruppali per “andare avanti”, potenziando le capacità per fronteggiare le difficoltà presenti e quelle future, come forma di prevenzione e previsione;
    • promuovere la corretta percezione dei rischi connessi all’evento emergenziale e i conseguenti comportamenti autoprotettivi.

    Un approfondimento sugli interventi realizzati